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Lunedì, 08 Giugno 2015 02:00

Cultura: 1) bisogno primario; 2) vero motore di sviluppo.

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alberto sordi che mangia gli spaghetti nella scenetta famosa, si vede un fiasco e si trova a tavola in una cucina spartana

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione...

La cultura determina chi e dove siamo e diffonde rispetto e identità sia tra gli individui che all'interno della società. La cultura crea bellezza e permette di affrontare questioni che altrimenti rimarrebbero oscurate da guerra e contesti politici e religiosi. La cultura è un fine non un mezzo.

L'idea che nei primi anni venne letta nell'articolo 9 della Costituzione era che l'attenzione pubblica alla cultura dovesse corrispondere all'emergere su larga scala del bisogno -appunto di cultura- a seguito e in qualche modo a coronamento del soddisfacimento dei bisogni primari. La cultura come abbellimento, prima riservato ai pochi, era ora da allargare anche ai più. Donde gli incentivi al teatro, al cinema, e alla musica e il sostegno finanziario dei musei.

Ciò che mancava -in quella interpretazione- era la consapevolezza dell'osmosi che nel corso della nostra lunga storia era avvenuta fra la cultura riservata ai pochi e la cultura diffusasi tra i più, una osmosi che per un verso poggiava, per altro verso generava essa stessa un patrimonio ben più largo di quello costituito dalle opere d'arte e tuttavia nutrito dallo stesso patrimonio genetico. Se è così e se ancora oggi è questo che caratterizza l'Italia, la sua cultura e quindi il suo patrimonio culturale, il significato del l'impegno assegnato alla Repubblica dall'art. 9 della Costituzione va davvero ben al di là di quello che in esso fu colto nei primi anni della Repubblica. Nel primo, citatissimo Commentario alla Costituzione, a cura di Baschieri, D'Espinosa, Giannattasio, uscito nel 1949, dell'art. 9, e in particolare del suo secondo comma sulla tutela del patrimonio artistico e storico, si diceva che questa era una "disposizione di dettaglio" e quindi una "stonatura" fra i principi fondamentali.

E invece no, non c'era alcun errore nell'aver collocato una disposizione del genere fra i principi fondamentali. C'era la lucida presa d'atto di una storia e di un futuro non separabili, di un patrimonio artistico e storico che non è soltanto archeologia, ma è alimento per lo sviluppo della cultura e della ricerca e ne deve essere esso stesso continuamente alimentato.
Sono tante le implicazioni di una visione come questa e oggi siamo noi, in realtà, a non dimostrarcene consapevoli quanto dovremmo. La prima è che nello scrutare le strade per il nostro futuro, dobbiamo certo guardare anche fuori di noi, ma è sbagliato cercare di continuo modelli stranieri da imitare. Badiamo piuttosto ad innestare ciò che cogliamo altrove nella nostra originale capacità di rielaborazione, che è quella a cui dobbiamo, storicamente, la qualità e la bellezza delle nostre creazioni. Abbiamo insomma l'orgoglio di essere ciò che siamo stati nei nostri momenti migliori, l'orgoglio non di imitare gli altri, ma di fare ciò che agli altri possiamo insegnare.

La seconda implicazione investe il raggio che dobbiamo saper assegnare alla cultura e alla ricerca che intendiamo promuovere. Non è nella nostra storia lunga, è dovuta a un collo di bottiglia formatosi in secoli recenti la marginalizzazione delle culture scientifiche a beneficio di quelle umanistiche. Ma l'Italia non è solo Dante. Petrarca e Michelangelo, è anche Galileo, è Evangelista Torricelli, è Alessandro Volta, è Antonio Meucci, è Enrico Fermi, è Leonardo, formidabile sintesi della scienza e dell'arte.
La terza implicazione, sul fondamento delle due precedenti, è che il motore della nostra crescita può ben essere, in tutte le sue accezioni, la nostra cultura, ed è questo che fa acquistare all'art.9, in tutte le sue parti, la centralità alla quale per troppo tempo non abbiamo pensato.


Il 15 novembre 2012, si sono svolti gli Stati Generali della Cultura presso il Teatro Eliseo di Via Nazionale a Roma.

Gli Stati Generali sono nati dall'evoluzione di una necessità sorta dalla creazione del Manifesto lanciato dal Sole 24 Ore per una "costituente della Cultura" lo scorso 19 febbraio, manifesto che lanciava il grido per un patrimonio artistico, storico e culturale che non ha voce in Italia e che si trova nella assoluta necessità di essere tutelato, messo in sicurezza e reso fruibile. In altre parole un patrimonio storico-culturale che sta lanciando il suo S.O.S. muto attraverso rovinosi crolli. E nei crolli non vi sono pericoli solo per le mura di Pompei e del Colosseo e di altri inestimabili monumenti del nostro passato, ma anche parte delle nostre identità personali e collettive, quella parte di storia che disegna i confini della nostra Italia e che configura la nostra storia nazionale e il riconoscimento di tale memoria quale tassello indispensabile nella storia dell'umanità intera. Il momento centrale della giornata è stata un'animata tavola rotonda con voci indignate dalla platea che sottolineavano la mortificazione della gestione della 'materia' cultura in Italia, evidenziandone l'attuale inadeguatezza che sta facendo perdere posti di lavoro e anche posizioni di riguardo a livello mondiale. E' giunta finalmente l'ora di concretizzare la cultura e renderla produttiva. E' finito il tempo delle parole e degli annunci. In questo senso, è molto importante lo sforzo del Sole 24 ore, che per il tramite del suo direttore Roberto Napoletano, ha generato un Indice 24 coniugando Cultura italiana e sviluppo economico con il pregio della tempestività al fine di colmare la lacuna di informazioni frammentate che finora non hanno permesso di seguire il fenomeno dell'attrattività culturale.

L'Italia ha in se una così estesa proprietà di beni culturali tale da essere riconosciuta in tutto il globo come Paese che da solo è in grado di creare e lo ha fatto nel corso dei secoli, "le cose belle che piacciono al mondo" cose rese possibili dal carattere vitale della nostra cultura, che ne impregna i geni nel DNA storico del Paese che sono: la circolarità ad ampio raggio della nostra cultura e la scintilla della capacità creativa che ha preso forma nel crogiolo delle diverse culture esistenti e che si sono incontrate nello spazio e nel tempo, un incontro di stili diversi passato al setaccio di un originale ingegno che è quello italiano capace di creare innesti, ridisegnare e riplasmare modelli del tutto nuovi ed originali.

In questa capacità creativa tutta italiana vi è il motore da cui si deve riprendere quella scintilla e ripartire. La cultura dunque è quel motore che deve riaccendersi basandosi su un carburante nuovo che deve saper costituire una terza rivoluzione industriale creando innovazione e capitale da reinvestire per una maggiore ricchezza: la ricerca, la formazione, la cultura resa fruibile e produttiva.

Nel nostro Paese dove troppo ci si lamenta, seppure a ragione, di mancanza di fondi e di denaro per la ricostruzione e la riattivazione del mondo del lavoro e dello sviluppo sostenibile il problema non è solo legato ai budget economici, che sono sempre più esigui per la ricerca e la formazione ma è anche un problema di incapacità a creare progetti realizzabili, progetti capaci di assurgere dalle idee alle costruzioni fattibili.

Progetti di rinascita culturale ed economica che possano essere connessi tra la creatività, le imprese e il terzo settore dell'economia che è proprio quell'humus naturale per ricreare un ambiente produttivo, magari basato sulle cooperazioni che supera mentalità statalistiche e che si apre agli enti territoriali, alle democrazie associative e al privato sociale.

L'Italia ha più che mai bisogno di comportamenti responsabili e sensibili ad un radicale cambiamento nei costumi, ma anche di soggetti capaci di portare avanti quelle capacità progettuali, realizzatrici e gestionali che impartiranno il nuovo impulso di ripresa economica e culturale. Soggetti responsabili, cooperativi, ma anche competitivi che potranno agire anche in quegli istituti che operano la riunione dei progetti provenienti dalla realtà sociale, dalla nuova mobilità che spesso coincidono con le Regioni.

Questi sono i bisogni primari dell'Italia per accendere di nuovo i motori dello sviluppo e elevarsi dalle mentalità conservative e difensive.

Questo in sintesi il messaggio del Presidente della Repubblica: innestare nel nostro patrimonio artistico-culturale quella spinta che ci fa emergere da un passato glorioso di eroi e di grandi personalità della Cultura per proiettarci verso una umanità nuova che coesiste e si allarga verso prospettive di futuro e vaste ricerche per il benessere dei cittadini, il progresso e la scienza che camminano sulle gambe concrete del lavoro, dell'industria e della tecnica.

La Cultura è capace di creare lavoro, investimenti e produttività rendendo attuale il passato e ricreando attraverso nuove forme di società civili la capacità di agire nel presente per il futuro.

Letto 3986 volte Ultima modifica il Mercoledì, 13 Maggio 2020 08:57
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