La crisi non c’entra. Più che allo spread, la diffusione di questa nuova filosofia è dovuta all’evoluzione del nostro modo di vedere la natura in città. Non più parchi e giardinetti come oasi verdi separati dall’asfalto, né siepi e aiule come commenti meramente estetici, ma spazi verdi come strumento di coesione sociale. Con una responsabilità ecologica ed economica decisamente nuova. Lo raccontano - a fatti, oltre che a parole - sette paesaggiste: Elena Grandi, Gaia Chaillet Giusti, Cristina Mazzucchelli, Elisabetta Margheriti, Margherita Brianza, Elisabetta Cereghini e Vittoria Tamanini. Sette landscape designer donne (e cosa c’è di più femminile della concertazione e del pragmatismo alla base di questa nuova visione?) proiettate a livello internazionale.