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Affronta la tua giornata con una sana risata

il personaggio all'esterno canta ben vestito in giacca e cravatta inforcando la chitarra faccione occhi e guance cadenti

Giorgio Gaberscik in arte Gaber

(Milano, 25 gennaio 1939 – Montemagno di Camaiore, 01 gennaio 2003)
Giorgio Gaber è stato un cantautore, commediografo, regista teatrale e attore teatrale e cinematografico italiano.
Affettuosamente chiamato "Il Signor G" dai suoi estimatori, è stato anche un chitarrista di valore, tra i primi interpreti del rock and roll italiano (tra il 1958 e il 1960).

(Da "Mi fa male il mondo")

Bisogna assolutamente trovare il coraggio
di abbandonare i nostri meschini egoismi
e cercare un nuovo slancio collettivo
magari scaturito proprio dalle cose
che ci fanno male, dai disagi quotidiani,
dalle insofferenze comuni, dal nostro rifiuto!
Perché un uomo solo che grida il suo no, è un pazzo.
Milioni di uomini che gridano lo stesso no,
avrebbero la possibilità
di cambiare veramente il mondo.

Aforismi e citazioni di Giorgio Gaber

  • Ci sono due tipi di artisti: quelli che vogliono passare alla storia e quelli che si accontentano di passare alla cassa.
  • La coscienza è come l'organo sessuale, o fa nascere la vita o fa pisciare.
  • Non si è mai abbastanza coraggiosi da essere vigliacchi definitivamente.
  • È veramente tragico constatare come gli affamati nel mondo costituiscono un gruppo tanto... nutrito.
  • Molti hanno aperto le ali senza essere capaci di volare, come gabbiani ipotetici.
  • In mezzo a tanta confusione sono affogate le tue idee e come chi è stato tradito da una donna perbene tu ora pensi che tutte le donne siano puttane.
  • Tra l'avere la sensazione che il mondo sia una cosa poco seria e il muovercisi dentro perfettamente a proprio agio, esiste la stessa differenza che c'è tra l'avere il senso del comico e l'essere ridicoli.
  • Le più belle trombate della mia vita le ho fatte da solo.

Bellissima biondissima sorriso smagliante, qui con un reggiseno poco coprente

Michelle Hunziker

Conduttrice, attrice televisiva
Nascita: Sorengo (Svizzera) il 24/1/1977
Di origini svizzere, Michelle si è trasferita in Italia nel 1993 all'età di 16 anni.  Dopo il matrimonio con Eros Ramazzotti, finito con una separazione, il suo personaggio acquisisce una fama crescente che portano Michelle a condurre trasmissioni televisive sia in Italia sia in Germania.

Aforismi di Michelle Hunziker

  • Arrivata a Milano con 150mila lire, vivevo in un appartamentino in Viale Premuda, accanto a un cinema porno, il Pussy. Tornavo sola in quella stanza squallida, col frigo vuoto, dopo decine di provini andati a male. Una sera, un tizio uscito dal Pussy mi inseguì. Feci appena in tempo a chiudermi in casa. Lui bussava alla porta sempre più forte urlando cose irripetibili. Io me ne stavo a letto, con un coltello da cucina in mano, pregando che la porta non cedesse.
  • Sono profondamente autocritica, dovrei essere meno severa con me stessa.
  • L'autostima è il problema di molte donne.
  • Striscia la notizia è una bellissima passeggiata nella case degli italiani all'ora di cena, sei di famiglia.
  • Se le donne sono nude sui settimanali, vanno bene: se invece sono un po' scosciate a Striscia la Notizia, sono sottocultura? La verità è che Ricci, pure in questo, inventandosi le veline, fu un genio.
  • Mi sento italiana, anzi, molto europea. Mia nonna era francese, mio papà ticinese, ma svizzero tedesco, mia madre olandese. Il risultato è che parlo cinque lingue correntemente.
  • Noi donne portiamo avanti una gravidanza anche nei momenti più tragici. Io sono per la vita.
  • Se in Italia chiedi, "ma tu con tua madre hai mai parlato di sesso?" "Con mia madre? Non potrei mai!". Per molti maschi italiani la mamma non ha niente a che fare con la sessualità. La mamma non bacia, la mamma non fa sesso, la mamma è una donna a sé. È la madonna asessuata.
  • Gli uomini quando invecchiano e si mettono con una ragazzina mi fanno l'effetto dei vampiri, si appropriano della loro energia e evitano rotture di balle.
  • Faccio confusione? Quando bevo due birre, sì!
  • Avrei voluto farmi un delfino sull'ombelico. Eravamo a Miami, con Eros. Entrammo da un tatuatore, e quello, gentile, mi disse: «Sei proprio sicura? Sull'ombelico? Guarda che quando resterai incinta, il delfino diventerà una balena, e quando dimagrirai, si trasformerà in un'acciuga.
  • Sono terrorizzata dal mondo del calcio. Ho vissuto sette anni di terrore. La domenica non esisteva per me.
  • Sposare, non sposo più nessuno. Ma un comico me lo prenderei di corsa.

sulla cima di una montagna, in lontananza, un uomo, in cielo uno squarcio di luce vorticoso

Ascèsi

Sostantivo

Etimologia

Il termine Ascesi deriva dal greco askèsis  (ἄσκησις) = "esercizio", "allenamento".

Significato

L'Ascesi è una regola di vita ed azione interiore rivolta a raggiungere -attraverso il distacco dalle cose terrene, l’esercizio continuo delle virtù, la preghiera (specie come orazione mentale e meditazione)- quella purificazione dell'anima che consente di dedicarsi compiutamente alla vita spirituale e contemplativa,fino all'unione mistica con Dio.

Sostantivi dalla stessa radice
  1. L'Ascetismo è il complesso delle pratiche esteriori (rinunce, penitenze, mortificazioni, eccetera), dell’atteggiamento spirituale e anche delle dottrine, miranti al raggiungimento di una purificazione rituale e spirituale e alla conquista della perfezione religiosa in un assoluto distacco dal mondo.
  2. Per estensione l'Ascetismo è anche una vita austera, di rinuncia.
  1. L'Ascèta è chi pratica l’ascetismo: gli antichi asceti cristianiun santo asceta.
  2. Per estensione Ascèta è anche chi fa vita di penitenza e di rinuncia o comunque austera: un giovane studioso dal viso ascetacondurre vita da asceta.
Aggettivo
  1. Ascetico è chi pratica l’ascetismo: gli antichi ascetici cristianiun santo ascetico.
  2. Per estensione Ascetico è anche chi fa vita di penitenza e di rinuncia o comunque austera: un giovane studioso dal viso asceticocondurre vita ascetica.
Sinonimi

Anacorèta, eremita.
Solitario, appartato, asociale, misantropo.

uno sguardo disegnato: due occhi che esprimono cattiveria

Nequìzia

Sostantivo

Etimologia

Il termine Nequizia deriva dal latino nequitia, derivato di nequam = "dissoluto", "cattivo", "dappoco".

Significato
  1. Con Nequizia si indica la propensione alla cattiveria, malvagità: dare prova di nequizia; (Pirandello) poniamo ora che veramente ella sia esposta, per la nequizia della madre e di quell’altra canaglia, a un pericolo gravissimo.
  2. Per estensione con Nequizia si indica ancche una azione malvagia: commettere una nequizia; (Dante) non si puote torcer già mai ad alcuna nequizia. 
  3. Anticamente si indicava con Nequizia l'irritazione sorda, la rabbia interna: (Sacchetti) Fra Michele si consumava di nequizia, veggendo i modi fecciosi della moglie d’Ugolino. 
Sinonimi

Cattiveria, crudelta, iniquità, malvagità, perfidia, perversità, scelleratezza.

Contrari

Benignità, bontà, giustizia, onestà, umanità.

il megadirettore ad un ragazzo: 6 mesi fa sei stato assunto come fattorino, dopo 15 gg sei stato promosso impiegato e dopo 2 mesi  direttore alle vendite, il mese scorso sei diventato vice-presidente, sto andando in pensione che ne dici di diventare presidente? Lui: Accetto !!! Il pres: hai solo questo da dire? Lui: Grazie papà !!!

Meritocrazia

La meritocrazia è la convinzione - o un sistema sociale fondato su tale convinzione - che le persone debbano essere scelte e premiate per le loro capacità piuttosto che per nepotismo o addirittura appiattimento culturale (uno vale uno; sei politico eccetera). La meritocrazia, termine coniato nel 1958 da Michael Young, è una combinazione tra merito ("bontà degna di lode o ricompensa") e aristocrazia, che significa "la classe più alta in alcune società". In un governo basato sulla meritocrazia, i leader sono scelti per etica, esperienza, intelligenza, buon giudizio, lungimiranza, capacitò strategiche e di leadership, piuttosto per la loro ricchezza, la loro appartenenza partitica o lobbistica, e non importa se provengono da famiglie disagiate e povere, l'importante è che siano i più adatti a governare.

Aforismi e citazioni sulla Meritocrazia

  • Il bordello è l'unica istituzione italiana dove la competenza è premiata e il merito riconosciuto (Indro Montanelli)
  • Un uomo è tale se sceglie sempre di entrare dall'ingresso principale (Giuseppe Scarpino)
  • Il mondo ricompensa più spesso le apparenze del merito che il merito stesso (François De La Rochefoucauld)
  • Mio nonno mi disse una volta che ci sono due tipi di persone: quelli che fanno il lavoro e quelli che si prendono il merito Mi disse di cercare di essere nel primo gruppo; ci sarà sempre molta meno competizione (Indira Gandhi)
  • La competizione non è per tutti e soprattutto non seleziona i migliori, solo i meno sensibili (Paolo Crepet)
  • Sono inviperito per questa tendenza che esiste soprattutto in Italia, forse per le sue radici cattoliche, di riconoscere i meriti degli artisti solo dopo la morte Come se la morte nobilitasse (Paolo Villaggio)
  • Viviamo in una società grigia; riuscire, ecco l'insegnamento instillato dalla corruzione dominante Sia detto alla sfuggita, il successo è una cosa piuttosto lurida; la sua falsa somiglianza col merito inganna gli uomini Per la folla, la riuscita ha quasi lo stesso profilo della supremazia Il successo, sosia della capacità, sa ingannare per (CONTINUA A LEGGERE) (Victor Hugo)
  • Chi ha titoli spesso e volentieri non li merita (Luciano Sante Manara)
  • Il silenzio che accetta il merito come la cosa più naturale del mondo è la forma più alta d'applauso (Ralph Waldo Emerson)
  • Chi fa di meno riceverà più complimenti Legge di Shapiro sul riconoscimento (Arthur Bloch)
  • Giustizia è la volontà costante e perenne di dare a ciascuno ciò che gli spetta di diritto (Ulpiano)
  • Dobbiamo imparare ad aiutare coloro che lo meritano, non solo quelli che hanno bisogno La vita risponde al merito, non al bisogno (Jim Rohn)
  • Nel nostro Paese, così come non si premia il merito, non si punisce chi trasgredisce (Piero Angela)
  • Se la vita fosse distribuita per meritocrazia l'uomo sarebbe già estinto da tempo (Taras Mithrandir)
  • Nella pubblica amministrazione finiscono i migliori, e vengono pagati per quel che valgono (Beppe Severgnini)
  • Il lavoro è un dovere e un uomo non deve ricevere un salario in proporzione di ciò che produce, ma in proporzione della sua virtù che si esplica nello zelo (Bertrand Russell)
  • Solo la scuola è sinonimo di futuro. Non dimentichiamo che le scuole sono i posti dove da grandi si torna per andare a votare: ed è qualcosa di più di un fatto simbolico Le scuole, pubbliche e di qualità, sono fondamentali perché altrimenti è inutile riempirsi la bocca della parola «merito»(Pippo Civati)
  • Geni o somari, che avessero studiato o meno, tutti potevano stare a galla, certamente sopravvivere, addirittura godere (Simone Perotti)
  • Merito Le qualità che dimostrano il nostro buon diritto a ottenere ciò che qualcun altro si prende (Ambrose Gwinnett Bierce)
  • Il processo di selezione dei talenti è così marcio che nel Belpaese molte persone, soprattutto donne e dotate della capacità di essere manager, sono confinate al ruolo di segretaria Mentre i posti dirigenziali sono affidati a chi è ben introdotto, anche se spesso incapace Per questo in Italia ci sono le migliori segretarie e i peggiori manager (Beppe Severgnini)
  • In paradiso si va in virtù della grazia Se si andasse in base al merito, tu rimarresti fuori ed entrerebbe il tuo cane (Mark Twain)
  • Oggi che i maestri non ci sono più, io credo nel proverbio: 'Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna' In cattedra finiscono i raccomandati (Nino Manfredi)
  • Roma è una città singolare Disconosce i meriti dei suoi abitanti ed è pronta ad apprezzare virtù che non hanno (Giulio Andreotti)
  • Io vengo sempre citata come l'attrice che si spoglia, ma non ho fatto solo calendari. Ho lavorato con i più grandi registi Non c'è meritocrazia in Italia, non c'è la possibilità di riscattarsi (Anna Falchi)
una donna bellissima con i capelli ricci biondi una fascia copricapo un diadema sulla fronte una collana che termina con una croce, ha un seno piccolo che fuoriesce tiene in mano delle erbe officinaliPer alcuni storici dell’arte - il Ritratto di Flora di Bartolomeo Veneto rappresenta Lucrezia Borgia.

La domanda nasconde una insidia etimologica

Uxoricidio infatti, alla lettera e in senso proprio, significa "uccisione della propria moglie", giusta la composizione del latino uxor  + –oris = "moglie" + suffisso –cidio, che riprende direttamente o indirettamente il suffisso latino –cidium, a sua volta derivato di caedere = "tagliare a pezzi". Evidentemente la situazione che si verificava di regola nel passato era l’uccisione della moglie da parte del marito. Da qui l’assenza, nella casella lessicale, di un corrispettivo inverso. Per questo motivo, uxoricidio è passato a significare in senso generico anche "l'uccisione del proprio coniuge". Il vocabolo è attestato nell’italiano scritto a partire dal 1605 per il significato originale di "colui che uccide la propria moglie". Analogamente uxoricida è, dal 1799, anche in generale "chi uccide il proprio coniuge".

Uxoricidio

Sostantivo

Etimologia

Il termine uxoricidio deriva dal latino uxor  + –oris = "moglie" + suffisso –cidio, che riprende direttamente o indirettamente il suffisso latino –cidium, a sua volta derivato di caedere = "tagliare a pezzi". 

Significato
  1. Letteralmente con il termine uxoricidio si indica l'uccisione della propria moglie.
  2. In senso generale con il termine uxoricidio si indica anche l'uccisione del propria coniuge, quindi anche del marito.
Aggettivo

L'uxoricida è colui o colei che commette uxoricidio.

 

una persona grida sormontando un'altro che si rannicchia

Vessàre

Verbo transitivo

Etimologia

Il termine Vessàre deriva dal latino vexare = "smuovere con violenza", "scuotere".

Significato
  1. In senso generale con il termine Vessàre si indica l'azione di sottoporre qualcuno a continui abusi, arbìtrii, maltrattamenti: vessare un popolo, i sudditi, i dipendenti; tormentare, opprimere, facendo soffrire moralmente e materialmente o recando grave molestia: vessare gli uomini pacifici e senza difesa (Manzoni) .
  2. Per analogia si indica con  Vessàre il sottoporre a un eccessivo carico di tasse e imposte: quello italiano è un sistema fiscale iniquo che serve solo a vessare i cittadini.
Sostantivi
  • Vessatore è colui che vessa, che maltratta o opprime.
  • Vessazione è il maltrattamento, oppressione esercitata su inferiori o su persone più deboli.
Aggettivo

Vessatorio è ciò che impone o realizza continue vessazioni; che ha il fine e l’effetto di vessare, che costituisce una vessazione: un governo poliziesco e vessatorio; sistema fiscale vessatorio.

Sinonimi

Maltrattare, opprimere, tormentare, torturare, perseguitare, tartassare, affliggere, angustiare, martoriare, malmenare, molestare, straziare.

Contrari

Consolare, confortare.

Publio Virgilio Marone
Poeta (70 a.C. - 19 a.C.)

Pedibus timor addidit alas

La paura mise le ali ai piedi.

Un toro e il suo piccolo sono in un recinto pieno di neve. Il piccolo di toro dice:

Addiaccio

Sostantivo

Etimologia

Il termine addiaccio deriva dal latino adiacére = "giacere accanto".

Significato

Il termine è ingannevole: il fatto che dormire all'addiaccio significhi dormire all'aperto, e che quando si dorme all'aperto si debba spesso fare i conti col freddo, ci fa ricondurre intuitivamente l'addiaccio al ghiaccio. Idea non troppo peregrina, visto che in certi vernacoli toscani diaccio è proprio una variante di ghiaccio.

Ma fuor di locuzione l'addiaccio è un'altra cosa, e ci racconta un'immagine precisa e non direttamente collegata col freddo: descrive quel recinto dove il gregge viene tenuto per la notte, privo di ripari. Ed è l'assenza di riparo il fulcro di questa parola e della locuzione "all'addiaccio": perso l'ultimo treno, nella sera d'estate non è poi così tremendo dormire all'addiaccio; il rallentamento durante la scalata costringe a passare la notte all'addiaccio; e le truppe che si devono muovere in fretta stanno all'addiaccio senza montare il campo.

Alle volte si sente dire o si legge "all'agghiaccio": può essere visto come un errore naïf, un malapropismo, e in effetti non denota un discorso particolarmente sorvegliato; ma si tratta di una variante registrata, per quanto desueta e comunque derivata dall'adiacere latino.

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