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Detti latini

Detti latini

Nel passato conoscere le risposte era prerogativa di Saggi e Iniziati, rigorosamente vincolati al segreto, eppure esiste un filo d'oro che collega tutte le civiltà e che ha permesso di portare fino ai tempi attuali gli insegnamenti dell'antica Saggezza, che comprendono le risposte alle domande primordiali che ogni uomo che comincia a sollevarsi dalla massa bruta, si pone nel suo intimo più profondo: chi siamo? da dove veniamo? dove andiamo?

Intere scuole di filosofia hanno tentato, e ancora lo fanno, di proporre risposte, varie e articolate come le differenze di carattere degli uomini, noi tenteremo di trasmetterle in questa rubrica.

Latine loquiEremo di Camaldoli

Motti latini

La nostra cultura è figlia di quella latina, così come lo sono i motti che hanno origini molto più antiche di quanto pensiamo. I motti sono sentenze, massime morali, vengono da un'antica saggezza popolare e per questo non perderanno mai il loro valore nonostante i tanti anni passati.

Versione Latino

Ego vobis, vos mihi.

Analisi del testo

Io sono per voi, voi siete per me.

Questo è il motto monastico della Congregazione Camaldolese il cui pensiero ispiratore si basa sull'unione dell'aspetto comunitario e solitario del monaco, rappresentato architettonicamente dalla presenza dell'eremo e del monastero. Campeggia sul pronte dell'Eremo di Camaldoli.

Lucrezio Caro

busto in marmo del persoaggio capelli ricci viso tondo barba ricciaTito Lucrezio Caro (in latino Titus Lucretius Carus) è stato un poeta e filosofo romano, seguace dell'epicureismo.
(94 avanti Cristo – 50 avanti Cristo)

Versione latino

Post gloriam invidiam sequi

Analsi del testo

L'invidia viene immediatamente dopo la gloria

Il termine invidia, dal latino in (avversativo) + videre = "guardare male", quindi "gettare il malocchio", si riferisce a uno stato d'animo o sentimento per cui, in relazione a un bene o una qualità posseduta da un altro si prova dispiacere. Questo detto latino ci ricorda che subito dopo la gloria ce lo si deve aspettare dagli altri.
Tutti la provano ma quasi nessuno la confessa, infatti si può ammettere di farsi prendere dall’ira, di crogiolarsi nella pigrizia o di soffrire per gelosia, ma di essere rosi dall’invidia no. È l’emozione negativa più rifiutata perché ha in sé due elementi disonorevoli: l’ammissione di essere inferiore e il tentativo di danneggiare l’altro (anche fisicamente) senza gareggiare a viso aperto ma in modo subdolo, considerato meschino. La scienza moderna però ci ricorda un altro detto "poco è bene, il troppo storpia". L’invidia è come la paura, che è sgradevole ma ci prepara a reagire a un pericolo. È un campanello d’allarme: ci avverte velocemente che siamo perdenti nel confronto sociale, è il meccanismo psicologico che avverte che qualcun altro ha guadagnato un vantaggio e che dà la spinta per ottenere lo stesso. Sta a noi reagire positivamente, per esempio con l'emulazione.

Publio Ovidio Nasone

un busto del personaggio un volto moderno senza particolarità, capelli ricci e folti(43 avanti Cristo- 18 dopo Cristo)
Publio Ovidio Nasone, noto semplicemente come Ovidio, è stato un poeta romano, tra i principali esponenti della letteratura latina e della poesia elegiaca. Fu autore di molte opere.

Versione Latino

Tranquillas etiam naufragus horret aquas

Analisi del testo

Il naufrago teme anche il mare tranquillo

(Epistulae ex Ponto, 2, 7, 8)
L'espressione vuole significare che c'è la paura di ricadere in un pericolo anche quando non ci sono le condizioni che ciò accada.

un cervo beve nello stagno è un disegno a colori realistico

Fedro

(Favole, Libro I, 12,1).

Versione Latino

Inveniri testis haec narratio est:

Saepe, laudatis utiliora quae contempseris

Ad fontem cervus, cum bibisset, restitit, et in liquore vidit effigiem suam. Ibi dum ramosa mirans laudat cornua crurumque nimiam tenuitatem vituperat, venantum subito vocibus conterritus, per campum fugere coepit, et cursu levi canes elusit. Silva tum excepit ferum; in qua retentis impeditus cornibus lacerari coepit morsibus saevis canum. Tum moriens edidisse vocem hanc dicitur: 'O me infelicem, qui nunc demum intellego, utilia mihi quam fuerint quae despexeram, et, quae laudaram, quantum luctus habuerint'.

Analisi del testo

Questa narrazione è testimone che:

Spesso, le cose che hai disprezzato si scoprono più utili di quelle lodate

Un cervo, avendo bevuto, si fermò presso la fonte e vide nell?acqua la sua immagine. Qui mentre ammirandole lodava le corna ramose e disprezzava la troppa magrezza delle zampe, atterrito improvvisamente dalle voci dei cacciatori, cominciò a fuggire per la campagna e con la corsa leggera eluse i cani. La selva poi lo accolse selvaggio; ma in questa, bloccato dalle corna trattenute cominciò ad essere sbranato dai crudeli morsi dei cani. Allora si dice che morendo abbia espresso questa frase: ?O me infelice, che ora finalmente capisco, quanto mi siano state utili le cose che avevo disprezzato, e, quelle che avevo lodato, quanto (di )lutto abbiano recato.

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